Il motivo che mi ha spinto a scrivere queste righe, è scaturito dal trovarmi davanti la “Natura morta con un piatto di cipolle”, che Van Gogh dipinse nel gennaio del 1889. L’artista olandese soleva ripetere che gli interessava non ritrarre il momento di ciò che osservava, bensì il profondo della loro espressione; non il contadino che zappa, ma il momento di quando alza la testa per respirare annusando il vento, ovvero la vita. Può sembrare un controsenso, ma questa natura morta è viva! Ritrae un preciso momento della vita ordinaria di Van Gogh, ovvero ciò che era la sua vita in quel momento, le cose più importanti della sua esistenza, appena dimesso da un ospedale psichiatrico, durante il quale si automutilò un orecchio. La sua tavola apparecchiata, quindi la funzione che ci permette di vivere: il piatto di cipolle (quanto di più semplice per alimentarsi), una bottiglia di vino, il sacchetto del tabacco e la pipa, una brocca di acqua, la candela, un cerino spento, il libro “l'Annuaire de la santè” di Raspail, la ceralacca. Infine, una busta diretta a “Monsieur Vincent van Gogh”, certamente una delle tante scritte dal fratello Theo.
È nota l’intensa comunicazione epistolare tra i due fratelli, ed alcuni pannelli illustrativi riproducevano alcune di queste lettere. Nello specifico della natura morta in questione, non conoscendo la filatelia e storia postale olandese, non scendo nel dettaglio dell’affrancatura di questa busta raffigurata. Meno male che a quel tempo non esistevano le macchine affrancatrici odierne, anche se non ho dubbi che Van Gogh sarebbe riuscito a migliorare l’aspetto grafico ed a valorizzare questa impressione meccanica che fa storcere il naso a molti filatelisti.
L’autoritratto di Vincent Van Gogh salutava i visitatori: impossibile non fermarsi a contemplare questo sguardo ed immedesimarsi in lui, ammirare la sua grandezza di artista e le sue fragilità personali, proprio come noi che non siamo né artisti, né grandi.
Sante Borrelli
Scrittore
U.S.F.I. (Unione Stampa Filatelica Italiana)
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