lunedì 16 gennaio 2023

STEFANO SÁNDOR É TORNATO A CASA, GRAZIE A UN FRANCOBOLLO - Quando le nuove tecnologie aiutano a svelare il passato

Chi l’avrebbe mai pensato che una vecchia e semplice abitudine potesse essere la chiave di volta per individuare, a distanza di 70 anni, tra i resti di una fossa comune, il corpo di Stefano Sándor, salesiano laico (coadiutore), che a 39 anni fu condannato a morte e giustiziato durante gli anni bui del regime comunista in Ungheria, colpevole solo perché «faceva il salesiano». 

Sfogliando il numero di settembre del 2022 del Bollettino Salesiano, rivista fondata da San Giovanni Bosco nel 1877, che ricevo a casa sempre con molto piacere essendo cresciuto in un oratorio salesiano, l’attenzione è caduta sul messaggio del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime, non tanto sul titolo “STEFANO SÁNDOR È TORNATO A CASA”, quanto sul sottotitolo “IL DNA DI UN FRANCOBOLLO”. Qui, il mio spirito di filatelista ha preso il sopravvento, dedicando immediata ed approfondita lettura sia del messaggio del Rettor Maggiore che del successivo articolo sulla vita del martire Stefano Sándor. Don Ángel, lo scorso 4 giuno 2022, si è recato a Budapest, in Ungheria, per benedire al termine di una solenne cerimonia eucaristica, le reliquie di Stefano Sándor, ritrovate, appunto, dopo 70 anni, grazie all’aiuto di esperti di storia e test del DNA. 

Stefano Sándor aveva impedito che cinque giovani venissero giustiziati con lui quali traditori del regime. Dopo un durissimo interrogatorio con torture, il coadiutore salesiano riuscì in un attimo di distrazione delle guardie a parlare con gli altri ragazzi e chiese loro di incolparlo di tutto ciò di cui volevano accusarli. I giovani si opposero, ma lui disse loro che, a causa della loro amicizia e della loro fede in Gesù, d
ovevano farlo per salvarsi la vita. E così avvenne: Stefano fu condannato a morte e loro furono condannati a 8 anni di carcere. Per fortuna, tre anni dopo il regime comunista cadde e la loro condanna fu annullata.

“Un altro particolare ci dimostra l’eleganza della Provvidenza”, continua Don Ángel Fernández Artime, che evidenzia, nel suo messaggio, come una serie di miracolose coincidenze ha circondato e impreziosito il ritrovamento e la solenne celebrazione per la benedizione delle reliquie del martire beato Stefano Sándor. Nel luglio del 1952, il salesiano fu catturato sul posto di lavoro, e di lui nemmeno i confratelli ebbero notizie. 

Per 70 anni nulla si è saputo dove potessero trovarsi i suoi resti umani. Si sapeva soltanto che era stato giustiziato e sepolto nottetempo in una fossa comune insieme ad altre cinque persone in un bosco alla periferia di Budapest, senza alcun segno o nome che potesse dare qualche indizio. Per tutti questi anni la convinzione che sarebbe stato impossibile trovare i suoi resti è stata infranta dalla tenacia di una giovane ex studentessa, l’esperienza e le altissime conoscenze di un’esperta della storia di quegli anni, hanno fatto sì che i resti mortali di sei dei giustiziati venissero ritrovati agli inizi del 2022. Restava da capire se uno di essi potesse essere il Beato Stefano. Grazie al DNA ricavato da una lettera scritta da Stefano e da un’altra lettera con il francobollo attaccato dal fratello (che aveva sperato in questo momento per tutta la vita ma è morto nel 2019), due grandi esperti nelle tecniche di riconoscimento tramite tracce molecolari, hanno identificato molti dei resti mortali di Stefano, ora raccolti in un apposito reliquiario la cui effigie ritrae Stefano Sándor intento a leggere il Bollettino Salesiano ungherese (Szalezi Ertesito), per ricordare come egli conobbe don Bosco e il mondo salesiano e anche a richiamare la sua missione educativa nel campo della stampa come maestro tipografo.

“Posso testimoniare – afferma il Rettor Maggiore - che l’emozione e anche la commozione di molte persone alla celebrazione eucaristica di quella mattina è stata indescrivibile. Posso testimoniare per esperienza personale che tutto questo non è una coincidenza”. 

La spontanea e semplice abitudine di umettare con la lingua la gomma del francobollo da incollare sulla lettera, ha fatto sì che dopo 70 anni, si potesse dare un nome a dei resti. Più che il collezionismo, da quello che si può intuire leggendo l’articolo, è
stato l’amore familiare che ha conservato la corrispondenza, dove la passione per la storia postale lascia il posto all’unica traccia materiale di chi da un giorno all’altro viene fatto sparire e giustiziato, senza nemmeno la consolazione, per chi rimane, di avere il luogo dove piangere, piantare una croce o portare un fiore.

Voglio credere anch’io che la Provvidenza abbia guidato la scienza, affinché di questo tragico martirio non restasse solo la memoria storica tramandata oralmente. Voglio credere che sia stato riconosciuto il valore eroico e umano del Beato Stefano Sándor che finalmente è tornato a casa, la sua casa dove poter continuare a “fare il salesiano”, cioè radunare i giovani per attività giovanili, sport e formazione.

                                                                                                       Sante Borrelli

                                                                                                     Scrittore U.S.F.I.*

P.S. Vi invito, a sfogliare il Bollettino Salesiano da cui ho tratto questo scritto, dal sito ufficiale della rivista di Don Bosco https://bollettinosalesiano.it/wp-content/uploads/2022/08/08-Settembre-2022.pdf


*Unione Stampa Filatelica Italiana https://www.usfi.eu







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