Sfogliando il numero di settembre del 2022 del Bollettino Salesiano, rivista fondata da San Giovanni Bosco nel 1877, che ricevo a casa sempre con molto piacere essendo cresciuto in un oratorio salesiano, l’attenzione è caduta sul messaggio del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime, non tanto sul titolo “STEFANO SÁNDOR È TORNATO A CASA”, quanto sul sottotitolo “IL DNA DI UN FRANCOBOLLO”. Qui, il mio spirito di filatelista ha preso il sopravvento, dedicando immediata ed approfondita lettura sia del messaggio del Rettor Maggiore che del successivo articolo sulla vita del martire Stefano Sándor. Don Ángel, lo scorso 4 giuno 2022, si è recato a Budapest, in Ungheria, per benedire al termine di una solenne cerimonia eucaristica, le reliquie di Stefano Sándor, ritrovate, appunto, dopo 70 anni, grazie all’aiuto di esperti di storia e test del DNA.
“Un altro particolare ci dimostra l’eleganza della Provvidenza”, continua Don Ángel Fernández Artime, che evidenzia, nel suo messaggio, come una serie di miracolose coincidenze ha circondato e impreziosito il ritrovamento e la solenne celebrazione per la benedizione delle reliquie del martire beato Stefano Sándor. Nel luglio del 1952, il salesiano fu catturato sul posto di lavoro, e di lui nemmeno i confratelli ebbero notizie.
Per 70 anni nulla si è saputo dove potessero trovarsi i suoi resti umani. Si sapeva soltanto che era stato giustiziato e sepolto nottetempo in una fossa comune insieme ad altre cinque persone in un bosco alla periferia di Budapest, senza alcun segno o nome che potesse dare qualche indizio. Per tutti questi anni la convinzione che sarebbe stato impossibile trovare i suoi resti è stata infranta dalla tenacia di una giovane ex studentessa, l’esperienza e le altissime conoscenze di un’esperta della storia di quegli anni, hanno fatto sì che i resti mortali di sei dei giustiziati venissero ritrovati agli inizi del 2022. Restava da capire se uno di essi potesse essere il Beato Stefano. Grazie al DNA ricavato da una lettera scritta da Stefano e da un’altra lettera con il francobollo attaccato dal fratello (che aveva sperato in questo momento per tutta la vita ma è morto nel 2019), due grandi esperti nelle tecniche di riconoscimento tramite tracce molecolari, hanno identificato molti dei resti mortali di Stefano, ora raccolti in un apposito reliquiario la cui effigie ritrae Stefano Sándor intento a leggere il Bollettino Salesiano ungherese (Szalezi Ertesito), per ricordare come egli conobbe don Bosco e il mondo salesiano e anche a richiamare la sua missione educativa nel campo della stampa come maestro tipografo.
La spontanea e semplice
abitudine di umettare con la lingua la gomma del francobollo da incollare sulla
lettera, ha fatto sì che dopo 70 anni, si potesse dare un nome a dei resti. Più
che il collezionismo, da quello che si può intuire leggendo l’articolo, è
stato
l’amore familiare che ha conservato la corrispondenza, dove la passione per la storia
postale lascia il posto all’unica traccia materiale di chi da un giorno
all’altro viene fatto sparire e giustiziato, senza nemmeno la consolazione, per
chi rimane, di avere il luogo dove piangere, piantare una croce o portare un
fiore.
Voglio credere anch’io che
la Provvidenza abbia guidato la scienza, affinché di questo tragico martirio
non restasse solo la memoria storica tramandata oralmente. Voglio credere che
sia stato riconosciuto il valore eroico e umano del Beato Stefano Sándor che
finalmente è tornato a casa, la sua casa dove poter continuare a “fare il
salesiano”, cioè radunare i giovani per attività giovanili, sport e formazione.
Sante
Borrelli
P.S. Vi invito, a sfogliare
il Bollettino Salesiano da cui ho tratto questo scritto, dal sito ufficiale
della rivista di Don Bosco https://bollettinosalesiano.it/wp-content/uploads/2022/08/08-Settembre-2022.pdf
*Unione
Stampa Filatelica Italiana https://www.usfi.eu
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